Ormai si vive alla giornata, tutto è spettacolo. Peccato che non è la classica commedia all’italiana, un genere di successo – il realismo – che ha fatto grande il nostro cinema e il nostro paese, ma siamo al tragicomico, direi al demenziale.
E’ un paese il nostro che non solo non sa risolvere i problemi, ma ne genera continuamente di nuovi. Questa schizofrenia legislativa è il nostro male più profondo che ci affligge ormai da oltre venti anni. Ogni volta che si fa una scelta di prospettiva, e non succede spesso, la si rimette sistematicamente in discussione. La politica del gambero che genera grande confusione e incertezza. Un passo in avanti e tre indietro!
Abbiamo bisogno certamente di fare le riforme, ma abbiamo bisogno anche di certezze. Non si possono continuamente mettere in discussione, ad esempio, i pochi punti fermi dell’unica riforma che in questo paese è stata fatta, quella sulle pensioni: mi riferisco naturalmente alla “legge Dini” che ha introdotto per le nuove generazioni il sistema interamente contributivo mandando in soffitta quello retributivo, non certo all’assurda riforma “Fornero”.
Ebbene, ci fu spiegato allora – sono passati quasi venti anni – che il sistema contributivo era necessario perché avrebbe dato stabilità e sostenibilità al nostro modello pensionistico nel lungo periodo mettendo in equilibrio le entrate contributive con le uscite per prestazioni pensionistiche. Ma avrebbe inciso negativamente per la stragrande maggioranza dei casi sulla adeguatezza delle stesse prestazioni. Tradotto: care giovani generazioni dimenticatevi il riferimento all’80% dell’ultima retribuzione, ma anche al 70%, forse se va bene vi dovrete accontentare del 50%! Se va bene, perché comunque dovrete lavorare oltre 40 anni, forse 50 anni visto che si vive più a lungo. Un miraggio, dato il livello di disoccupazione cronico del nostro paese, soprattutto dei giovani. Quindi, gli importi delle future pensioni saranno sicuramente più bassi.
Allora cosa si può fare? Bisogna investire nella previdenza integrativa o per meglio dire complementare. Bisogna farlo, per tempo, quindi il prima possibile, destinando risorse economiche significative. E dove si prendono? Non si può certo gravare il costo del lavoro di ulteriori oneri per la previdenza, se non marginalmente, visto che si versa già il 33% di contributi per la pensione.
Ed ecco l’uovo di Colombo! In tempi di magra, l’unica strada possibile non può che essere quella di destinare il TFR ai fondi pensione, possibilmente per intero. Un calice amaro da bere, per come eravamo abituati a utilizzare il TFR. Un’ancora di sopravvivenza per affrontare i momenti difficili di discontinuità lavorativa o, per i più fortunati, una dote da investire magari per aiutare i propri figli ad acquistare una casa, non certo si pensava di dover coprire il “buco” di un trattamento pensionistico insufficiente per i bisogni dalla vecchiaia.
Poi, siccome occorre agevolarne la destinazione per mettere “fieno in cascina” per una finalità nobile come quella previdenziale – un diritto garantito dalla nostra costituzione – è coerente che questa destinazione venga incoraggiata anche da un trattamento fiscale agevolato rispetto a un mero investimento finanziario, quindi dall’applicazione di un’aliquota sul rendimento annuo più bassa, pari all’11%. Tutto sembra avere una logica.
Ora, cosa sta succedendo? Per la nuova legge di stabilità, sarebbero invece tutte sciocchezze! Sembra di stare su “Scherzi a parte”. L’aliquota fiscale sui rendimenti, già incrementata per il 2014 dello 0,50% (per compensare il mancato aumento dell’aliquota fiscale dal 20 al 26% per le casse dei professionisti, ma qual è il nesso?) ora schizza al 20%, come fosse un qualsiasi investimento finanziario e non una garanzia per una vecchiaia più serena.
Adesso la priorità, il diktat, è aumentare i consumi e, quindi, mettiamo il TFR in busta paga, incassiamo le imposte dovute (il vero motivo della proposta), facciamo pagare più tasse sui rendimenti e chi se ne frega di quando sarete vecchi! Accontentatevi della pensione dell’Inps, anche se da fame! Tanto poi saranno altri a governare.
Per favore, un minimo di serietà e di coerenza. Non si può giocare con i progetti di vita delle persone!
Come diceva Cicerone: mala tempora currunt!