A colloquio con Giorgio Ambrogioni Presidente Federmanager
Con Prioritalia la dirigenza pubblica e privata ha cominciato finalmente a scrivere una pagina diversa. Grazie alla forza delle idee e dei progetti abbiamo le carte in regola per imporci all'attenzione di tutti. Sarà decisivo mettere al servizio della collettività l'esperienza maturata nel mondo dell'impresa e della produzione per costruire un grande progetto di rilancio del sistema Italia da cui, non dimentichiamolo, dipenderà il futuro di tutti noi, ma soprattutto il futuro delle giovani generazioni". Il Presidente di Federmanager Giorgio Ambrogioni commenta così il "seminario d'estate", che si è svolto nelle giornate dal 2 al 5 agosto scorso, un impegno che è coinciso con il lancio ufficiale di una realtà come Prioritalia che vuole parlare al Paese, per gettare le basi di un impegno concreto per il rilancio del sistema – Italia.
Presidente qual è il messaggio che Prioritalia intende lanciare al mondo della politica, dell'economia e della finanza?
Il messaggio è molto chiaro: si avverte un desiderio di discontinuità rispetto al passato. Nonostante la gravità della crisi e i ripetuti scandali che stanno sconvolgendo la collettività, stiamo vedendo – ed è questo forse il fatto più grave – che la politica italiana non riesce a interpretare il sentimento dell'opinione pubblica, con il rischio che l'antipolitica e le tentazioni populiste, potenziali nemici della moderna democrazia, possano prendere il sopravvento.
La partecipazione all'evento dello scorso inizio di agosto è stata molto alta, anche i lavori seminariali si sono caratterizzati per la vivacità dei contributi. Si aspettava una risposta di questo livello?
L'appuntamento ha dimostrato che il management ha le idee giuste e siamo pronti a metterci a disposizione per discuterle e attuarle. Esiste però un problema: a chi affidiamo queste idee? A una classe politica pronta a rispondere positivamente per conquistare il consenso, per poi continuare su quella china declinante che già conosciamo?
Giro a Lei la domanda.
La mia risposta è che non mi fido. È finita l'epoca delle deleghe in bianco. A conclusione del meeting, mentre stiamo preparando una grande assise a Milano per il prossimo mese di novembre, si è compreso che il management può essere realmente classe dirigente. A questo fine è disposto a "contaminare" positivamente i partiti e le forze politiche, che devono disintossicarsi per imboccare la strada di un rinnovamento non solo anagrafico, ma di mentalità, un rinnovamento che sia capace di toccare le coscienze, di amplificare la capacità di lettura e di interpretazione del mondo complesso che ci circonda. Come ha detto nell'intervento di apertura al Melìà Hotel, si sta lavorando per la costruzione di una nuova comunità di manager.
Quali devono essere i valori di riferimento e che spazio di ascolto pensate di poter conquistare?
Merito, senso dell'etica, sobrietà, trasparenza, senso di responsabilità individuale e sociale, sono questi i valori che incarniamo e che vogliamo affermare, non solo all'interno delle organizzazione aziendali, quanto nel più articolato scenario rappresentato dalle istituzioni e dalla società civile. È importante avviare un processo di rilegittimazione del nostro ruolo professionale. Troppo tempo siamo stati alla finestra, ma per osservare che cosa? Uno spettacolo triste e non certo edificante. È il momento di dire basta.
Prioritalia nasce da una collaborazione tra Federmanager e Manageritalia. È corretto dire che sta nascendo una diversa idea di rappresentanza in una fase in cui il Paese ha bisogno di nuova linfa, nuove voci e soprattutto di un progetto condiviso di rinascita prima morale e poi economica e politica?
Oggi tutti i soggetti della rappresentanza sono chiamati a rimettersi in discussione, a trovare forme di azione sindacale politica e professionale, in grado di conciliare gli interessi legittimi con gli interessi generali della collettività. Se qualcuno pensa che si possano ottenere risultati facendo sentire la propria voce solo quando vengono toccati interessi particolari, mi sento di affermare che questo "qualcuno" sbaglia, perché questo atteggiamento miope è fuori dal tempo. Stiamo realizzando una vera e propria metamorfosi nei modi di fare e concepire la rappresentanza. Il tratto distintivo di quest'azione è sfociato nella creazione di una grande Confederazione, capace di mettere insieme la dirigenza pubblica e quella privata.
Si riferisce alla nascita della nuova: "CIDA – Manager ed alte professionalità per l'Italia" ?
Certamente. Quando abbiamo tenuto a battesimo, lo scorso 4 luglio, la nuova CIDA, progetto fortemente voluto da Federmanager e partito quattro anni fa, ci siamo posti un obiettivo, che cominciava a essere di stringente attualità: l'esigenza di promuovere e sostenere la crescita di un'azione rappresentativa a livello confederale, che ci consentisse di essere protagonisti nei processi verso le grandi riforme strutturali del Paese e nello stesso tempo di acquisire un nuovo metodo di lavoro che ci rendesse più efficaci nel tutelare le categorie che rappresentiamo,sulle grandi tematiche trasversali: fisco, welfare, education, etc.
Come realizzerete la mission del nuovo organismo?
Il nuovo organismo, che ha un suo vertice e un comitato dei presidenti che esprimono le posizioni delle singole Federazioni, agirà in sinergia con i territori, si impegnerà a promuovere la cultura e i valori del management, con la precisa finalità di orientare le migliori risorse, in termini di competenza e di know-how, per la costruzione di un'Italia migliore. Uno dei primi atti che servirà a rilegittimare il ruolo professionale e sociale di questo "pezzo" importante della classe dirigente sarà l'Assise Generale che si terrà a Milano. Stiamo lavorando per avere la partecipazione del Premier Mario Monti e di alcuni rappresentanti del Governo, vogliamo "sperimentare" armi originali per conquistare uno spazio indipendente di ascolto, ma soprattutto far capire che abbiamo le idee e siamo pronti ad argomentarle, convinti che non c'è più tempo da perdere. Credo che non siano più ammessi atteggiamenti passivi, non possiamo permetterci di replicare i danni di un establisment che si è distinto per mancanza di prospettive e miseria intellettuale. Occorre meno autoreferenzialità da parte della politica, perché si impone più attenzione "alle tante variabili che contrastano le imprese e la loro crescita, a partire dalle esigenze di liberalizzazione e di sburocratizzazione, che potrebbero servire finalmente ad avviare la ripresa". Cercheremo di favorire questa "uscita dallo stato di minorità" in cui ci siamo cacciati, e di cui gli ultimi scandali non sono che la negativa conferma.