L’entusiasmo, la partecipazione, il networking. Marina Cima svela il percorso intrapreso verso il convegno del 4 maggio “L’altra dimensione del management”. Costruito “dal basso”, con centinaia di donne manager coinvolte, in Italia e all’estero, continuerà anche dopo l’evento.
Il sottotitolo dell’evento che Federmanager promuove in Vaticano il prossimo 4 maggio è “Il valore aggiunto delle donne tra impresa, famiglia e società”. Nella sua opinione, in cosa si realizza questo valore aggiunto? Perché è importante che sia riconosciuto?
Secondo la mia esperienza, il valore aggiunto che le donne possono dare alla società nei diversi ambiti, familiare e professionale, contribuisce positivamente alla crescita delle comunità, anche se questo valore è ancora parzialmente riconosciuto. Una società che nei programmi generali si prefigge una crescita etica e culturalmente avanzata non può rinunciare al contributo femminile, che si esprime attraverso il merito e la volontà di fare squadra, per il benessere delle imprese. Abbiamo bisogno di promuovere un cambiamento culturale: la mera attenzione alle logiche di profitto va integrata con il valore della persona, che deve essere rimesso al centro dell’economia. Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale sensibilizzare tutti i partner, compresi i decisori delle politiche per la famiglia e il lavoro, ad assicurare quei canali di attenzione specifici mirati a strategie che siano realmente in grado di porre rimedio alle opacità, anche di trattamento economico che sussistono al pari livello di merito e impegno. Una differenza che si percepisce ancor più nelle posizioni apicali e, su questo, credo che il mondo del management debba porre rimedio. Le donne spesso, soprattutto dopo una maternità, si trovano di fronte a un bivio importante: dover scegliere tra lavoro, carriera e famiglia. Quasi sempre antepongono l’ultima, rinunciando forzatamente a stili di vita armoniosi o, peggio, abdicano, richiudendosi in se stesse, senza avere la possibilità di trasferire alle giovani generazioni le proprie esperienze.
Quanto è rilevante coinvolgere le donne associate alla Federazione in questo progetto internazionale? Come stanno rispondendo, in termini di partecipazione e coinvolgimento, le manager nelle varie sedi territoriali Federmanager?
Credo che l’inclusione, all’interno di questo progetto, delle donne manager della Federazione sia di fondamentale importanza, poiché sono le prime che esprimono valore nelle aziende con cui confrontarsi. Le realtà territoriali rispondono in maniera esaustiva a questa esigenza attraverso l’organizzazione di programmi e attività di partecipazione. Le manager di alcuni territori si stanno già dando molto da fare, analizzando le tematiche del progetto e si impegneranno, per tutto il 2018, a portare l’innovazione sui temi delle tre direttrici di approfondimento del convegno: sviluppo etico e sostenibile del lavoro; la donna ed il management; modelli per l’armonizzazione di famiglia –lavoro. Credo che il contesto internazionale sia un arricchimento per noi e per le finalità che questo evento si propone, attraverso la condivisione di esperienze.
Sempre più donne stanno puntando, nel percorso della propria formazione, a scelte educative tradizionalmente appannaggio degli uomini, come le materie STEM. Cosa bisogna fare per incentivare le giovani donne a formarsi in competenze tecnico-scientifiche? Una maggiore parità nel campo dell’istruzione può contribuire a realizzare anche una gender equality nel mondo del lavoro?
Questo tema è molto attuale per il nostro Paese, soprattutto se guardiamo all’estero, dove i Paesi con maggiore crescita economica e culturale hanno valorizzato la presenza femminile attraverso la diffusione di sistemi di conciliazione famiglia-lavoro, come lo Smart Working. Secondo il Global Gender Gap Report, l’Italia è al 69° posto in termini di parità di genere su un totale di 142 paesi a livello mondiale, e scende addirittura al 129° sul tema della parità retributiva uomo-donna, a fronte dello stesso ruolo aziendale. Il gender gap è ancora più accentuato se si parla di professioni tecnico-scientifiche: in azienda, solo 1 addetto STEM su 4 è donna e, se si guarda ai soli ruoli apicali (dirigente e quadro), solo 1 manager STEM su 5 è di genere femminile. E’ evidente che, per contribuire a realizzare una gender equality nel mondo del lavoro, le giovani donne dovranno approfondire l’orientamento delle materie STEM. Una sfida importante che bisogna incoraggiare a tutti i livelli, anche attraverso la collaborazione delle famiglie di origine, affinché sostengano scelte di studio orientate in questa direzione. Sarà poi interessante approfondire il contesto di sviluppo, vedere come si realizza questa, che chiamerei “rivoluzione”, nella diversità dei territori e, infine, individuare forme comunicative adatte all’avvicinamento alle giovani generazioni.