La Santa Sede patrocina il progetto “L’altra dimensione del management”, offrendo un contributo concreto per la conciliazione famiglia-lavoro e per la centralità della persona come valore chiave in azienda
Per quale motivo il Dicastero Pro Laici, Famiglia e Vita della Santa Sede ha dato il patrocinio morale a un evento interamente dedicato alle donne e al management?
Come Dicastero della Santa Sede, siamo “Chiesa in uscita” (Evangeli Gaudium 20), e sentiamo come “proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi” (Gaudium et Spes). Niente di ciò che tocca l’essere umano è indifferente alla Chiesa. Sul tema della donna in concreto, Papa Francesco ha denunciato ripetutamente le discriminazioni che ancora subisce, e la strada da fare per il suo pieno riconoscimento. In diverse occasioni ha parlato dell’importanza di riconoscere la dignità della donna e di favorire il suo contributo nel mondo della cultura e dell’economia. Ha anche chiamato a una apertura alla donna in posti decisionali perché tutti i livelli hanno bisogno del suo contributo specifico. La presenza delle donne in posizioni di responsabilità, infatti, può avere degli importanti effetti “a cascata” per favorire una maggior rispetto della donna a tutti i livelli e un più ampio riconoscimento della necessità della sua presenza e del suo contributo, in maniera compatibile con il suo essere donna e madre.
Quindi, sono questi temi di una grande attualità per la cultura, anche all’interno della Chiesa. Per questo motivo, abbiamo ritenuto preziosa l’opportunità di metterci in dialogo con il mondo del management, e trovare i punti e valori che abbiamo in comune. Lo abbiamo fatto consapevoli di avere molto da dire come “esperti in umanità”, ma anche da imparare ascoltando il mondo dell’economia e del management. La Chiesa è consapevole di “non aver soluzioni per tutte le questioni particolari, ma vuole sostenere e accompagnare le proposte che rispondano meglio alla dignità della persona e al bene comune” (EG 241)
Il progetto si articola in più fasi e prevede, oltre all’evento del 4 maggio, anche la formazione di un Comitato Scientifico, composto da rappresentanti di Federmanager e della Chiesa. Quali sono le finalità del Comitato? Cosa si aspetta lei da questo tavolo congiunto?
L’obiettivo del Comitato Scientifico è stato quello di mettere in ascolto reciproco il mondo della Chiesa e il mondo del management. Dopo la prima riunione, abbiamo individuato un terreno comune nei seguenti punti: la “necessità di proporre modelli aziendali che rispettino la centralità della persona, l’urgenza di investire in beni intangibili per una ripresa sostenibile del modello socio – economico, l’importanza dell’alleanza uomo e donna in tutti i livelli dell’organizzazione e la necessità di promuovere misure concrete che permettano alle persone di armonizzare lavoro e famiglia”.
Da questo approccio definito insieme sono sorti gli orientamenti che hanno dato luce al convegno del 4 maggio. Dopo il convegno, continueremo ancora a lavorare per individuare gli strumenti pratici che posso essere attuati per rendere possibili questi modelli a misura di persona, e in concreto l’armonizzazione famiglia e lavoro.
Parlando appunto di work-life balance, che rappresenta uno dei temi centrali del progetto, quali strumenti devono essere introdotti per consentire alle donne di inserirsi nel mondo del lavoro senza rinunciare alle proprie specificità, superando così l’idea di neutralità di genere nell’ambito del lavoro?
Questo punto sarà l’oggetto del lavoro del Comitato Scientifico dopo il convegno del 4 maggio, e quindi non ho ancora una risposta. Ci sono tante buone pratiche già in atto. La sfida è sempre quella di integrarli in un modello organico, e che sia basato su principi saldi. Organico perché deve contemplare ogni aspetto e fase della vita della persona, a partire di una sinergia tra mondo dell’impresa, istituzioni, e territorio. E deve essere anche basato sulla centralità della persona, e non su criteri pragmatici o di immagine. Se il principio che ispira l’azione è la centralità della persona, questo significa custodire i suoi beni relazionali. I figli, per mettere un esempio, non solo hanno bisogno di quantità di tempo con i loro genitori, ma anche di qualità. Questa loro dedizione deve andare in detrimento del profitto delle aziende? Assolutamente no. È dimostrato che quando la persona lavora più serena, rende di più.
Si dice spesso che serve un cambiamento culturale, a livello globale, sul tema della pari opportunità tra uomini e donne. Perché è importante coinvolgere le aziende e l’economia in questo processo?
Credo che un elemento chiave sia la formazione, sia nell’ambito del lavoro che anche in università. Nel attuale contesto di crisi, la prima cosa che si taglia nel budget delle aziende è la partita della formazione. Quando si fa, è tendenzialmente formazione tecnica. Se affermiamo che abbiamo bisogno di investire nei beni intangibili, questo deve avere una ricaduta anche nell’impostazione della formazione aziendale.