Occorre puntare su equità e su crescita
Pur in presenza di un quadro congiunturale molto critico, deve restare massima l'attenzione a temi caldi come il sostegno dell'occupazione, l'attenzione al welfare, la possibile adozione di misure di solidarietà
"Ma il Paese è vivo o morto…? Non cominciamo con i distinguo"… Prendo a prestito la battuta di una nota vignetta di Altan, perché a mio parere fotografa molto bene il momento che sta vivendo il Paese sospeso, stritolato da un rigore senza equità, incamminato su un percorso incerto, ammantato dalla virtù del rigore, ma in realtà privo della vigoria, che può arrivare solamente da un progetto di rinascita. Il processo di spending review avviato dall'esecutivo, con la nomina del supercommissario, Enrico Bondi, è entrato nel vivo, accendendo il dibattito politico e giornalistico.
Nella gestione della spesa pubblica il principio guida dovrebbe essere quello dell'efficienza economica, in tutte le sue particolari connotazioni. "L'eliminazione degli sprechi" e la "riduzione delle inefficienze" sono al primo posto nelle agende di tutti i governi e di tutti i regolatori della spesa pubblica, ma questo non basta per dare slancio all'agognata ripresa. Occorre incidere realmente su alcuni flussi di spesa, adottare principi più equi nella tassazione, avviare le privatizzazioni degli asset non strategici, dismettere il patrimonio immobiliare pubblico che, non solo non rende, ma spesso è fonte di clientelismo. Ed ancora, occorre attuare il criterio dei costi standard: lo scandalo degli acquisti nella sanità, con la sperequazione che esiste tra alcune regioni virtuose e il resto della penisola appare emblematico.
Se non si mette mano il pareggio di bilancio, oltre che incerto, sarà destinato a provocare solo una mortificazione della domanda di beni e servizi delle famiglie e un soffocamento della domanda interna. A nostro parere, se continuerà a tirare quest'aria, non potrà che esserci recessione. In merito alla nomina dei sub commissari, riteniamo che non c'era necessità di ricorrere a tale "surplus" di know-how, che va a stratificarsi su un governo tecnico. Abbiamo dubbi soprattutto sulla figura di Bondi, chiamato ad agire sulle pieghe di un comparto complesso come quello della spesa pubblica: nonostante la sua carriera sia assolutamente di eccellenza, il manager conosce bene il mondo delle aziende del mondo privato, che tuttavia è ben diverso da quello pubblico. Intanto in Italia aumenta il malumore, chiaramente emerso anche gli ultimi risultati elettorali delle recenti amministra- tive. Del resto nel nostro Paese, come
in Europa, assistiamo al dramma di un ceto medio che si sfarina, lacerando il tessuto della società: è un problema che non possiamo più sottovalutare. L'elenco delle nuove fasce sociali in difficoltà appare assai lungo. Di certo ne fanno parte i giovani, i precari, i disoccupati (siamo a livelli record). Anche nel nostro mondo non mancano i problemi: in tre anni 100 mila dirigenti (pubblici e privati) hanno perso il proprio posto di lavoro. Oggi, purtroppo, tanti manager cinquantenni espulsi dal circuito produttivo stanno sperimentando il trauma della precarizzazione, con gravi effetti e conseguenze psicologiche. Ed è proprio da queste difficoltà che parte la sfida di Federmanager. In occasione della presentazione del VI Rapporto ‘Generare Classe Dirigente' curato da AMC Fondirigenti e Luiss e realizzato in collaborazione con Federmanager, Giuseppe De Rita ha ricordato la preoccupante contrapposizione tra una verticalizzazione elitaria e un antagonismo errante,
deprivato di interessi e identità. Il nostro impegno vuole arginare questa pericolosa deriva, perciò stiamo lavorando per interpretare la trasformazione del ruolo della rappresentanza sociale, politica ed economica, che il Rapporto evidenzia molto bene. Stiamo facendo la nostra parte pagando un prezzo alto sul piano occupazionale. Nel comparto industriale vi sono 65mila dirigenti che in questi anni sono stati espulsi dal circuito produttivo e prestano lavoro di consulenza per le piccole e medie imprese (PMI), garantendo formazione e knowledge sharing, attività preziosa che non deve essere messo in discussione dall'attuale riforma del mercato del lavoro. Federmanager, consapevole delle asperità del contesto, sta impostando le politiche del rinnovo contrattuale, finalizzate al potenziamento del nostro sistema di welfare. Da questi principi partono le misure di solidarietà e mutualità che intendiamo garantire ai pensionati, così come le tutele attive e passive riferite al mercato del lavoro, come il GSR (gestione sostegno al reddito), l'outplacement, il bilancio delle competenze. Abbiamo infine iniziato una riflessione su altri due temi centrali per il futuro e la crescita della nostra organizzazione: il rafforzamento delle realtà territoriali, che devono mantenere un coordinamento snello ed efficace con la sede centrale,
e il potenziamento della comunicazione interna ed esterna. Abbiamo sempre più bisogno di una struttura che sia funzionale a sostenere lo sforzo politico in atto. Ma al tempo stesso dobbiamo poter disporre di strumenti in grado di far arrivare nel modo giusto a tutti i dirigenti, e ai giovani in particolare, il senso di un'attività e di un impegno costante che ci porterà a risultati importanti sulla scia di obiettivi sfidanti.