Milano, 30 apr. (Labitalia) – Per sette lavoratori italiani su
dieci, le donne sono piu' adatte degli uomini nel ruolo di dirigente
d'azienda, per otto su dieci l'apporto femminile e' indispensabile per
costruire un team di lavoro di qualita'. Ma il 69% denuncia per le
donne maggiori difficolta' rispetto agli uomini nell'accedere a
posizioni di comando e solo il 41% ritiene che nella propria azienda
siano esortate ad ambire a posizioni di leadership. E cosi' la
maggioranza degli italiani si dice favorevole a delegare alla legge
l'obiettivo di una presenza femminile in azienda. E' quanto emerge dal
Randstad WorkMonitor, l'indagine sul mondo del lavoro condotta nel
primo trimestre 2013 in 32 Paesi di quattro diversi continenti da
Randstad, seconda azienda al mondo nel mercato dei servizi delle
risorse umane.
La ricerca, che si e' focalizzata sulla parita' di genere nella
leadership, fa emergere in Italia la consapevolezza dei lavoratori
circa l'arretratezza del mercato del lavoro su questo tema. Gli
italiani, se da un lato evidenziano gli ostacoli delle donne nel
raggiungere posizioni dirigenziali, dall'altro giudicano la componente
femminile maggiormente adatta rispetto a quella maschile a posizioni
di leadership nella propria organizzazione.
E cosi' si dicono disponibili alle 'quote rosa' per consentire
alle donne di superare il tetto di cristallo. Opinioni condivise da
entrambi i generi, anche se le lavoratrici – che si sentono piu'
preparare alla leadership di quanto le giudichino i colleghi i maschi
– appaiono scoraggiate nella battaglia per l'emancipazione
professionale, in cui ai problemi storici si aggiungono gli ostacoli
della crisi economica. (segue)
PARI OPPORTUNITA': QUOTE ROSA? SI' GRAZIE, LAVORATORI PROMUOVONO DIRIGENTI DONNA (2) =
(Labitalia) – In Italia, i lavoratori giudicano le donne piu'
adatte degli uomini al ruolo di dirigente d'azienda, con una
percentuale (41% contro il 34%) superiore sia alla media europea che a
quella dei 32 Paesi oggetto di indagine. I lavoratori italiani
dichiarano anche di preferire le donne in posizioni apicali
nell'organizzazione dal punto di vista personale, a differenza di
quanto accade nel resto del mondo, dove viene preferita la leadership
maschile (anche se quella femminile appare sempre piu' adatta al
ruolo).
In Italia, poi, appare molto basso l'impulso aziendale alla
promozione della leadership femminile. Solo il 41% dei lavoratori,
infatti, ritiene che nella propria azienda le donne siano esortate ad
ambire a posizioni di leadership: nella media dei 32 paesi l'Italia si
colloca solo al 29° posto, con un valore molto al di sotto della
media, seguita solamente dalla Repubblica Ceca, dal Giappone e
dall'Ungheria. Mentre il 71% degli intervistati riconosce che il
numero di dirigenti uomini nella propria azienda e' superiore a quello
dei dirigenti donne: quanto a presenza maschile tra le posizioni di
comando l'Italia e' al sesto posto, superata solo dai paesi asiatici.
I lavoratori italiani, insomma, si mostrano a conoscenza della
condizione reale – piuttosto allarmante – della pari opportunita' di
genere in Italia, ben fotografata dall'87° posto nel mondo (su 135
Paesi) per partecipazione femminile alla forza lavoro e dal 126° per
uguaglianza di salario a parita' di occupazione secondo The Global
Gender Gap Report 2012 (World Economic Forum). (segue)
PARI OPPORTUNITA': QUOTE ROSA? SI' GRAZIE, LAVORATORI PROMUOVONO DIRIGENTI DONNA (3) =
(Labitalia) – Anche se appare anche qualche risultato 'distorto'
rispetto alla situazione oggettiva: il 58% degli intervistati afferma
che in azienda le posizioni manageriali sono equamente ripartite fra
uomini e donne (Italia al 2° posto su 32 Paesi). Cosi' come appare
equa la prassi aziendale in fatto di parita' retributiva: l'80% dei
lavoratori afferma che non ci sono differenze salariali tra uomini e
donne a parita' di funzione (Italia al 6° posto su 32 paesi),
un'opinione piuttosto lontana dalla realta' oggettiva.
Ad ogni modo, la constatazione del fatto che il mercato del
lavoro sia anacronistico sul fronte della parita' di genere nella
leadership si accompagna al rammarico per l'oggettiva difficolta'
incontrata dalla componente femminile. Il 69% dei lavoratori italiani
ritiene che per le donne accedere a posizioni di comando sia piu'
difficile che per gli uomini. Mentre l'82% e' convinto che l'apporto
femminile sia indispensabile nella costituzione di team di lavoro di
qualita' (un'opinione condivisa praticamente in tutti i paesi oggetto
dell'indagine). E il 56% degli intervistati (5° posto su 32 paesi)
sottolinea anche l'insufficienza di donne dirigenti nella propria
azienda.
Per questo motivo, il 64% dei lavoratori italiani e' favorevole
a imporre delle 'quote rosa', delegando alla legge l'obiettivo di una
presenza femminile in azienda che non sia raggiunto dalla sola cultura
d'impresa. Un'incidenza superiore alla media di tutti i continenti,
con l'eccezione dei soli Paesi asiatici. (segue)
PARI OPPORTUNITA': QUOTE ROSA? SI' GRAZIE, LAVORATORI PROMUOVONO DIRIGENTI DONNA (4) =
(Labitalia) – In questo quadro, le lavoratrici italiane non
assumono una difesa di categoria tout court, poiche' le opinioni sono
sostanzialmente condivise con i colleghi maschi. Tuttavia, rispetto ai
lavoratori sottolineano maggiormente alcuni aspetti sensibili
nell'emancipazione dei ruoli.
In particolare, le donne – che manifestano la stessa
soddisfazione degli uomini per il proprio lavoro, lo stesso grado di
integrazione nel gruppo dei pari e la stessa ambizione professionale –
si sentono piu' preparare alla leadership di quanto le giudichino i
colleghi (46% contro il 36% degli uomini). Denunciano una maggiore
difficolta' di accesso a posizioni di comando (75% contro 63%). E si
sentono piu' discriminate sul piano retributivo a parita' di mansioni
(36% contro 27%). Appaiono pero' anche scoraggiate nella battaglia per
l'emancipazione professionale, perche' alle difficolta' storiche si
sommano le insicurezze dettate dalla crisi economica.
Solo il 54% delle lavoratrici intervistate ambisce a una
promozione che le porti a livelli manageriali, mentre l'incidenza
maschile con lo stesso obiettivo e' piu' alta (61%). Le donne poi si
dicono meno fiduciose nelle nuove opportunita' di lavoro e hanno piu'
paura di perdere l'impiego (13% contro il 9% degli uomini). Ma per
questo si mostrano anche piu' attive nella ricerca di un'altra
occupazione (12%, contro il 9% degli uomini).