Previsto un regime fiscale particolarmente favorevole per i lavoratori che trasferiscono la propria residenza in Italia. Ecco tutti i requisiti per accedere alle agevolazioni fiscali.
A partire dalla l. n. 238/2010 il legislatore è intervenuto sul tema dei bonus fiscali per attrarre il rientro dei lavoratori italiani all’estero (cd. controesodo); tale misura di agevolazione ha da subito suscitato l’interesse dei manager che valutavano un ritorno in Italia dopo anni di formazione o lavoro all’estero.
Negli anni successivi, i regimi fiscali di favore da temporanei sono diventati stabili soprattutto a opera del d.lgs. n. 147/2015 che ha previsto in modo strutturale una riduzione dell’imponibile fiscale del 50%, per la durata di 5 anni, in favore degli “impatriati”: soggetti che, dopo un periodo all’estero, decidano di trasferire la propria residenza in Italia.
Con il d.l. n. 34/2019, è stata poi sensibilmente ampliata la platea dei beneficiari del bonus, la cui durata è stata estesa fino a un massimo di 10 anni. È stata inoltre prevista un’ulteriore riduzione dell’imponibile fiscale: dal 50 al 70%, fino a un massimo del 90%.
Chi beneficia delle agevolazioni
Una premessa è d’obbligo: il bonus è esclusivamente a favore dei lavoratori, titolari di redditi di lavoro dipendente, nonché assimilato (co.co.co., membri di Cda inclusi i Ceo, etc…), lavoratori autonomi e anche titolari di reddito di impresa.
I datori di lavoro, invece, non risparmieranno nemmeno in parte sugli oneri contributivi dovuti sui trattamenti retributivi, in relazione a lavoratori impatriati che dovessero assumere come dipendenti e collaboratori o nominare amministratori.
Possono accedere alle agevolazioni, a partire dall’anno di trasferimento della propria residenza fiscale in Italia, due categorie di beneficiari:
- lavoratori che abbiano risieduto all’estero nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento in Italia e lavorino prevalentemente in Italia (per più di 183 giorni annui). Non è richiesto in questo caso alcun titolo di studio, né un livello alto di responsabilità nel proprio ruolo lavorativo.
- altri impatriati, in possesso di laurea o titolo specialistico, che mantengano la propria residenza in Italia per almeno 2 anni d’imposta dopo avere lavorato o conseguito un titolo di studi all’estero per almeno 24 mesi. In questo caso vi è però una limitazione legata alla cittadinanza: i beneficiari possono essere cittadini italiani, comunitari o di stati extra Ue, ma solo a condizione che lo stato straniero abbia firmato un accordo con l’Italia contro le doppie imposizioni su modello elaborato dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) o ai fini della trasparenza delle informazioni fiscali.
I vantaggi fiscali previsti
Per i lavoratori impatriati è prevista una riduzione dell’imponibile fiscale, a partire dall’anno di imposta del trasferimento della residenza fiscale e per i 4 periodi d’imposta successivi, del 70%, arrivando fino al 90% per chi si trasferirà in una delle 8 regioni del Mezzogiorno previste dalla normativa (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia).
Il beneficio viene esteso per un ulteriore quinquennio (con riduzione dell’imponibile fiscale al 50%) o nel caso in cui i lavoratori abbiano almeno un figlio minorenne o, a prescindere dall’età, fiscalmente a carico, anche in affido preadottivo oppure in caso di acquisto di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia, sia se l’acquisto si collochi dopo il trasferimento in Italia sia che si verifichi nei 12 mesi precedenti.
Al fine di ampliare ulteriormente la platea di beneficiari dell’estensione del bonus, è previsto che l’immobile potrà essere acquistato o direttamente dal lavoratore “rimpatriato” o dal coniuge o unito civilmente, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.
Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico (nati o con affido anche nel corso del primo quinquennio) nel secondo quinquennio l’imponibile fiscale sarà ridotto del 90% rispetto all’effettivo.
Il legislatore ha inoltre facilitato il raggiungimento del requisito della pregressa residenza all’estero: i cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), rientrati in Italia dal 2020, possono accedere ai benefici fiscali se hanno mantenuto, per due periodi d’imposta precedenti (di norma coincidenti con l’anno solare) il ritorno o il trasferimento in Italia, la residenza in un altro Stato che abbia stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi (mod. Ocse).
Questa apertura dei criteri di residenza opera anche per le annualità e i benefici pregressi per tutti i periodi d’imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi impugnabili o oggetto di controversie pendenti; opera altresì per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di accertamento delle imposte sui redditi, escludendo però il rimborso delle imposte già versate in adempimento spontaneo.
Infine, il d.l. 124/2019, “collegato fiscale alla legge di Bilancio 2020”, ha inteso anticipare la decorrenza del nuovo regime (dal 70 al 90% fino a 10 anni con i nuovi requisiti semplificati) già dall’anno d’imposta 2019 solo per coloro che abbiano trasferito la propria residenza fiscale in Italia dal 30 aprile (data di entrata in vigore del decreto crescita) al 3 luglio 2019 (limite entro cui è riconosciuta la residenza fiscale per l’intero anno d’imposta). Tuttavia, l’applicabilità di tale anticipazione dei nuovi requisiti al 2019, e per i 4 (o 9) anni successivi, rimane legata a un decreto del Mef (tuttora non pubblicato) che dovrà illustrare i criteri di accesso al “Fondo controesodo” collegato alla fruizione del beneficio per i lavoratori impatriati.
Servizio previdenza Federmanager in collaborazione con Antonello Orlando