Se applicano le norme previste e attuano tutti gli accorgimenti necessari, i manager non possono essere perseguiti nel caso di contagio del lavoratore
Tra i doveri e le responsabilità di un dirigente rientrano anche la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Temi questi centrali nel rapporto lavorativo, anche e soprattutto nella “Fase 2” che, dal 4 maggio scorso, ha permesso a molte aziende di riprendere le attività, ulteriormente estese dal decreto del 16 maggio 2020.
L’obiettivo del legislatore è quello di preservare la salute dei lavoratori attraverso linee guida, previste sia a livello delle singole regioni (e diffuse nel mese di maggio, divise per comparto merceologico dalla Conferenza Stato-Regioni) sia a livello nazionale; si pensi all’importante protocollo siglato da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil insieme al governo e recentemente rinnovato il 24 aprile scorso. In tutti questi documenti è sempre sottinteso il dovere del datore di lavoro, derivante dall’art. 2087 del codice civile, di adottare tutte le misure di sicurezza necessarie per proteggere anche l’integrità fisica dei propri lavoratori.
Perché il contagio è infortunio sul lavoro
Il contagio da coronavirus, in occasione di lavoro, è stato equiparato all’infortunio sul lavoro dall’art. 42 del D.l. 18/2020 (“Cura Italia”), con la presunzione semplice relativa al contagio di alcune figure più esposte come il personale sanitario e gli addetti al front office.
La norma ha quindi generato numerose richieste di chiarimento da parte delle associazioni datoriali e manageriali, dato che si esprime soltanto in merito agli oneri economici delle tutele antinfortunistiche, precisando che non sono posti a carico della posizione assicurativa del datore.
Sulla responsabilità penale del datore – e di riflesso del management – invece nessun chiarimento è giunto fino al 15 maggio scorso, quando un comunicato Inail ha specificato che le responsabilità aziendali del contagio da Covid-19, in sede penale o civile, sorgono solo a valle del riconoscimento e della prova della relativa colpa o del dolo del datore di lavoro. Successivamente, con l’apparizione della circolare n. 22 del 20 maggio 2020, l’Istituto si è distanziato da qualsiasi lettura automatica dell’infortunio sul lavoro in caso di contagio, sottolineando che non possono, perciò, confondersi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail con i presupposti per la responsabilità penale e civile, i quali devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative.
Infine, con la conversione in legge del cosiddetto “decreto Liquidità”, è intervenuto un articolo, il 29-bis, che ha definitivamente neutralizzato le forti criticità introdotte dalle presunzioni dell’art. 42 del “decreto Cura Italia”, mettendo al riparo i datori di lavoro (e i rispettivi dirigenti) che osservino scrupolosamente le misure di sicurezza prescritte dal protocollo.
Secondo il nuovo testo, infatti, le misure previste nel protocollo siglato fra Confindustria, le altre parti sociali e il Governo con aggiornamento dello scorso 24 aprile, nonché nei protocolli e misure previste a norma del D.l. 33/2020, adempiono all’obbligo sancito all’art. 2087 del codice civile: vale a dire, soddisfano l’onere a carico del datore di lavoro di mettere in atto condotte adeguate a garantire la sicurezza dei propri lavoratori.
Le due modalità per prevenire il rischio infortunio
Il manager può occuparsi della realizzazione delle misure per la sicurezza e la prevenzione nei luoghi di lavoro fondamentalmente in due modalità.
La prima modalità è informale e meramente derivante dal contenuto degli incarichi e delle mansioni affidate al dirigente all’interno del suo ‘job’.
La seconda, di tutt’altro peso, è quella prevista ai sensi dell’art. 16 del Testo unico sulla sicurezza (D.lgs. 81/2008) e richiede la forma scritta, tenendo conto delle materie di per sé non delegabili dal datore elencate dall’art. 17 della stessa norma.
In quest’ottica, il dirigente avrà il compito di:
- adottare tutte le misure di prevenzione necessarie, così come previsto anche dall’ultimo protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus emanato dal Consiglio dei ministri;
- nominare, eventualmente, un responsabile per la sicurezza e di vigilare sul suo operato;
- aggiornare il documento di valutazione dei rischi;
- informare e formare i lavoratori sulle nuove regole e sulle misure di precauzione da seguire.
In questo senso, fondamentale importanza riveste la formazione di un comitato ad hoc, per la gestione della crisi epidemiologica che, nel punto 13 del protocollo del 24 aprile, include sicuramente i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza nonché le rappresentanze sindacali aziendali, ma che potrà certamente accogliere anche i dirigenti delegati, i preposti nonché la figura del Responsabile del servizio prevenzione e protezione (Rspp) scelta dal datore di lavoro.
Correlazione tra contagio e condotta del dirigente
I manager che applichino le norme previste ed attuino tutti gli accorgimenti necessari non potranno essere perseguiti nel caso in cui un proprio dipendente venga contagiato, poiché non è materialmente possibile identificare la diretta correlazione tra il contagio e l’attività svolta, a meno che non vengano evidenziate gravi mancanze nel rispetto dei protocolli di sicurezza.
Qualora, invece, venga dimostrato il nesso di causalità tra l’infezione da coronavirus contratta e la negligenza del dirigente, quest’ultimo per l’inosservanza delle regole potrebbe incorrere in sanzioni penali o amministrative che possono arrivare fino a 6 mila euro di ammenda e 4 mesi di arresto, senza escludere anche l’applicazione delle pene per il reato di lesioni o, nel caso, di omicidio colposo. Va altresì ricordato che l’art. 2 del D.l. n. 33 del 16 maggio 2020 ha previsto sanzioni amministrative e penali che dovranno essere in qualche modo armonizzate rispetto a quelle del vigente ordinamento sulla sicurezza del lavoro.
Bene ha fatto l’Inail a intervenire in chiave interpretativa, ma viene comunque sollecitato dalle parti sociali un intervento attraverso lo strumento legislativo per avere un quadro normativo di riferimento molto chiaro sulle responsabilità.
Servizio previdenza Federmanager